giovedì 9 aprile 2009

Il giornalismo è al servizio dei cittadini?-festival del giornalismo di Perugia

Il professor Calafati, docente di Economia Urbana, Università delle Marche, ha condotto una ricerca insieme ai suoi studenti sul modo in cui la stampa italiana ha trattato l'argomento Tav in Val di Susa, in particolare confrontando La Stampa, La Repubblica e il Corriere della Sera. La conclusione di questa rassegna è che incredibilmente si è ignorata una componente fondamentale al quadro completo dei fatti: le ragioni che hanno spinto gli attori economici a intraprendere una scelta così incisiva sulla vita della popolazione e sull'ambiente.
Davanti ad una risma di prime pagine di testate britanniche, per la gran parte tabloid, Nicholas Jones della BBC intrattiene il pubblico svelando alcuni vizi dell'informazione: il concentrarsi su elementi superficiali che finiscono per ricoprire un ruolo importante, vengono falsificati a discapito della vera informazione. Briosamente Jones ci spiega quanto valore reale, e non solo simbolico, abbia avuto la parola “sorry” nella trattazione del modo in cui i politici comunicavano la crisi. Cioè di quanto fosse importante che, malgrado le loro mancanze, essi chiedessero poi scusa. Ci sono esempi in cui si costruiva una notizia intorno al fatto che una frase pronunciata da una certa personalità contenesse la fatidica parola, pur senza essere stata detta con l'intenzione che si voleva far credere. Ma l'ha detta – sembra dire la notizia – e questo è tutto ciò che conta. Non più il fatto che la crisi sia stata denunciata o no, in realtà di maggior interesse per il cittadino lettore.
Gli fa eco Sergio Rizzo, del Corriere: “se avessimo ringhiato un po' di più..l'Italia sarebbe un mondo migliore”.
E Calafati invoca l'opzione della Qualità, che altrove funziona: dove i giornali si preoccupano di mantenere alto il livello, cioè in Germania, Francia e Gran Bretagna, le vendite non hanno subito un drastico crollo, perché continuano a servire una “clientela” che sempre comprerà il giornale, visto che il giornale è un servizio. Ma come si va sulla via della Qualità? “Nella società della Conoscenza vige il Giornalismo come Scienza; è necessario creare un contesto di interazione per la ricerca della verità”.
Sassoli protesta: forse nella sua scuola di Capacità Critica insegnerebbe come materia Tv spazzatura e Carta straccia, e se dovesse invece insegnare in una scuola per chef, impartirebbe lezioni di Fast food e Barrette di cioccolato e caramello, visto che secondo lui “anche quando la politica è pubblicità, nell'informazione, rimane interessante, perché serve a sviluppare il senso critico, perché ci si sente costretti a capire”. La sua teoria è smentita dal fatto che una mandria di boccaloni ha votato il governo che abbiamo in carica.
Necessariamente, comunque, è impensabile che si tenga presente il pubblico nel processo d'impacchettamento del prodotto giornalistico, data la situazione della tv pubblica, dove pubblico e privato sono in tal modo intersecati che non si capisce più niente. Certo questa situazione non fa bene alla Qualità del lavoro. Manca un'idea pedagogica del giornalismo.
Manca il valore d'uso, replica Calafati.
Allora c'è da chiedersi se le regole del giornalismo siano invecchiate. Secondo Rizzo è un problema di persone, quelle che dirigono i giornali, i veri responsabili della rettitudine di una testata, perché tengono la schiena dritta a sé e alle persone che lavorano intorno a lui. Ma questo è un problema proprio italiano, che risponde ad una questione più basilare: un'idea di stampa, e di fare audience, diversa da quella che vige in GB. E questa differenza si legge bene nelle versioni on-line dei quotidiani, che sembrano in alcuni casi intendere la rete come luogo in cui si possano dimenticare le regole del buon giornalismo. È certo che la rete rappresenta una rivoluzione per la stampa. Una sfida. D'accordo Sassoli: è una possibilità per venire a contatto con punti di vista altri, nella loro compresenza. Infatti Calafati ammette che il giornalismo va ridefinito, poiché non sta più solo nei luoghi tradizionali.
Per esempio, dice Rizzo, bisogna tornare sul campo, cosa che dovrebbe essere scontata, ma non lo è nei giornali al contrario che leggiamo oggi. Jones: l'industria dei giornali deve essere reinventata.